9 nuove ordinanze di custodia cautelare sono state eseguite nell’ambito dell’operazione antimafia denominata “Assedio” che già lo scorso giugno fece scattare 7 fermi nei confronti di presunti soggetti appartenenti a “cosa nostra” di Licata e Campobello di Licata.
9 ordinanze di custodia cautelare sono state eseguite nella tarda serata di ieri dai Carabinieri del Comando Provinciale di Agrigento a carico dei presunti vertici e affiliati delle famiglie mafiose di “cosa nostra” di Licata e Campobello di Licata. Si tratta delle stesse persone già indagate nel procedimento che lo scorso 19 giugno portò al blitz antimafia denominato “Assedio”, quando vennero eseguiti 7 fermi di indiziato di delitto per associazione mafiosa armata.
I particolari vennero resi noti in conferenza stampa. Durante i pedinamenti, i Carabinieri avevano filmato summit e incontri segreti fra presunti elementi di vertice e affiliati della consorteria mafiosa. Era stata accertata persino un’estorsione per lavori edili realizzati in Germania. Documentati anche gli interessi del sodalizio nel settore delle slot machines, attraverso una compiacente società di distribuzione di apparati elettronici da gioco.
Le nuove ordinanze di custodia cautelare, oltre ai sette soggetti fermati già lo scorso 19 giugno, tra questi anche il presunto reggente della famiglia mafiosa di Licata, riguardano anche due presunti elementi dell’organizzazione che allora non erano stati raggiunti dal provvedimento perché già detenuti.
Sottoposto nuovamente agli arresti domiciliari con braccialetto elettronico Giuseppe Scozzari, tecnico dell’Asp di Agrigento e ormai ex consigliere comunale di Licata, dimessosi dalla carica due giorni dopo il primo fermo dello scorso 19 giugno. Per lui l’ipotesi di reato che si configura è quella di concorso esterno in associazione mafiosa.
Secondo gli inquirenti avrebbe chiesto l’appoggio del presunto reggente della famiglia mafiosa licatese per ottenere il suo appoggio elettorale durante le amministrative di Licata del 2018 in cambio di future utilità. “Su di lui – fanno sapere dal Comando Provinciale dei Carabinieri – i Pubblici Ministeri hanno fornito al GIP di Palermo ulteriori elementi che hanno ulteriormente rafforzato il quadro probatorio”.
Per tutti gli altri indagati è stato disposto il carcere. I provvedimenti sono stati emessi dal Gip del Tribunale di Palermo, su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia del capoluogo. L’indagine che ha portato alle misure cautelari, condotta dai Carabinieri della Compagnia di Licata, era partita nell’ottobre del 2017.
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