Il Consiglio dei ministri ha dato il via libera ai criteri di accorpamento delle province. Non si procederà invece con la razionalizzazione delle festività. In base ai criteri approvati, i nuovi enti provinciali dovranno avere almeno 350mila abitanti ed estendersi su una superficie territoriale non inferiore ai 2500 chilometri quadrati”. “Non abbiamo nessuna intenzione di fare nuove manovre, dice il Premier Monti, siamo sulla via programmata per il conseguimento degli obiettivi di bilancio”. Se il presidente dell’Upi (l’Unione delle province) Giuseppe Castiglione parla di «un processo di riforma istituzionale dal quale ci auguriamo esca una Italia più efficiente, con una amministrazione più moderna», il tono muta decisamente tra chi è a un passo dalla sparizione. I presidenti delle province a rischio infatti hanno chiesto di «bloccare l’ulteriore tentativo da parte del governo di definire criteri di taglio lineare e puramente dimensionali delle nostre province » ed esortano l’Upi a denunciare immediatamente l’incostituzionalità dell’articolo 17 del decreto e «di sospendere ogni disponibilità a collaborare col governo sulla riorganizzazione e il riassetto delle Province. Le province italiane salve sarebbero dunque 43 su 107, 64 sarebbero infatti da accorpare, di cui 50 in Regioni a Statuto ordinario e 14 in Regioni a statuto speciale. In Sicilia salve, Palermo, Messina, Catania e Agrigento. Intanto sull’ipotesi ventilata da un quotidiano di una tassa patrimoniale sopra i 250mila euro “non rientra nelle intenzioni né nei programmi del governo italiano”.
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