La Direzione Distrettuale Antimafia ha pubblicato la relazione relativa al primo semestre del 2018. Ecco il quadro ricostruito dalla Dia della realtà criminale dell’agrigentino.
“Cosa nostra agrigentina, ancorata alle tradizionali regole mafiose, risulta difficilmente permeabile dall’esterno e continua a porsi come un pilastro per l’intera organizzazione regionale”. Questo è quanto emerge dalla relazione sul primo semestre del 2018 della Dia, la Direzione Investigativa Antimafia che, per quanto riguarda l’agrigentino, oltre a Cosa nostra ha analizzato anche attività e aree di influenza della Stidda e la relazione che intercorre tra le due organizzazioni.
Un tempo contrapposte, secondo la relazione della Dia oggi condividono la realizzazione degli affari illeciti. La Stidda continuerebbe, oltreché a Palma di Montechiaro e Porto Empedocle, ad m esercitare la sua influenza anche nelle zone di Bivona, Canicattì, Campobello di Licata, Camastra, Favara e Naro.
Secondo la Dia, Cosa nostra sta vivendo una fase di riequilibrio interno dell’organizzazione mafiosa, provocato anche dalle ultime operazioni di contrasto a seguito delle quali sono state arrestati i presunti vertici di diverse famiglie mafiose. Le ultime indagini hanno documentato una rimodulazione organizzativa in corso nella zona nord della provincia, nell’entroterra montano, con la formazione di un nuovo mandamento mafioso che, per connotazione geografica e vastità territoriale, viene denominato mandamento “della Montagna”.
Risale al 22 gennaio 2018 l’operazione chiamata appunto “Montagna”, durante la quale i Carabinieri arrestarono una sessantina di soggetti. Le indagini, oltre a individuare numerosi affiliati, avrebbero delineato anche i ruoli dei vertici mandamentali e di 16 famiglie mafiose a essi collegate.
“Le composizioni e ricomposizioni di famiglie e mandamenti e i progetti criminali di tipo affaristico – si legge nella relazione della Dia – sono influenzati anche dalle scarcerazioni di sodali che, dopo aver scontato la condanna a pene detentive di lunga durata, avrebbero interesse, nella maggioranza dei casi, a riconquistare le pregresse posizioni di potere, non di rado creando attriti all’interno del gruppo”. Nel primo semestre del 2018, secondo la Dia, sarebbero stati scarcerati soggetti appartenenti alle famiglie di Cattolica Eraclea, Favara e Siculiana.
Nella provincia agrigentina la Dia ha registrato inoltre la presenza di gruppi criminali stranieri che nel tempo si sono allargati nel numero e nei margini operativi. “La presenza di gruppi criminali di origine straniera sembra tollerata da Cosa nostra – si legge nel rapporto semestrale – perché s’inserisce in settori illeciti di basso profilo, come ad esempio lo sfruttamento del lavoro nero e della prostituzione, il trasporto e lo spaccio di sostanze stupefacenti, i furti di materiale ferroso e quelli realizzati in abitazioni e in terreni agricoli, nonché il contrabbando di sigarette”.
La criminalità organizzata agrigentina, ricostruisce la Direzione Investigativa Antimafia, intratterrebbe rapporti con quelle delle altre province siciliane ma sarebbe rivolta anche all’estero. Le consorterie della parte occidentale dell’agrigentino si sarebbero proiettate verso l’America del nord e l’America latina, mentre quelle della parte orientale verso i Paesi del nord Europa, soprattutto Germania e Belgio.
Facendo riferimento anche ai fatti di sangue registrati a Favara e in Belgio, la Dia ipotizza che “tutto ciò confermerebbe l’esistenza di una faida agrigentina in corso, assai probabilmente maturata in ambienti riconducibili al traffico internazionale di sostanze stupefacenti, sull’asse Belgio–Agrigento”.
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