“Ho il dovere, come rappresentante dell’ufficio di Procura, alla luce delle dichiarazioni dei pentiti, –ha detto Zuccaio– di contestare l’aggravante di aver favorito la mafia”.
Un’indicazione già data più di un mese fa dal gip Luigi Barone che aveva rigettato l’archiviazione per il reato di concorso esterno in associazione mafiosa proposta dalla Procura per Lombardo disponendo l’imputazione coatta per questo reato e l’aggravante mafiosa per il voto di scambio semplice. Ora, il procedimento in corso rischia di dover ricominciare daccapo o, in caso di rinvio a giudizio per concorso esterno nel procedimento parallelo, di essere unificato in un unico processo.
Per spiegare la nuova contestazione in udienza, i pm hanno fatto riferimento alle dichiarazioni dei pentiti D’Aquino e Di Gati sulle modalità di richiesta dei voti, non selettiva, “ad personam”, ma conosciuta in tutto il rione. Da qui, secondo i pm, discende l’applicabilità dell’aggravante.
“Le condizioni di omertà in cui vivevano le persone del quartiere – ha argomentato il pm Zuccaro – erano tali che nessun rivale politico avrebbe denunciato che un altro candidato aveva l’appoggio dell’associazione mafiosa, facendo emergere una sorta di paura estesa che si collega alla forza di intimidazione di Cosa nostra”.
Il presidente della Regione, presente in aula, ha confermato la sua intenzione di rassegnare le dimissioni il prossimo 28 luglio. Il giudice monocratico ha sospeso l’udienza e rinviato al 19 luglio per pronunciarsi sulla decisione, ma con tutta probabilità con l’aggravante mafiosa il processo dovrebbe ricominciare davanti ad un tribunale. Per il 28 giugno è invece in programma l’udienza preliminare per l’altro reato, quello di concorso esterno in associazione mafiosa
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