Durante il colera del 1837 che invase Favara, si proibirono le sepolture all’interno delle chiese ricadenti dentro il centro abitato e tutti i cadaveri vennero portati nella chiesa dei frati francescani (da non confondere con la chiesa attuale), sulla collina S. Francesco.
Presto le cripte della chiesa si riempirono, al punto che i corpi degli estinti rimasero insepolti sul pavimento della stessa chiesa.
Stante l’urgenza, il sindaco, con promessa d’acquisto fatta al proprietario di un giardinello limitrofo, disponeva l’uso immediato di una grande cisterna interrata (che serviva per l’approvvigionamento idrico del convento francescano) per la tumulazione dei cadaveri e presto veniva trasformata in immane fossa comune. Stante ai documenti la cisterna doveva (anzi, dovrebbe, visto che è ancora esistente) avere la dimensione di 33 m. (non si capisce, però, se riferita al diametro o alla circonferenza. Dopo vari reclami da parte del proprietario, nel 1839, l’Amministrazione Comunale acquistava il giardinello (che, considerando lo spazio occupato dalla preesistente chiesa e convento, grosso modo coincide con lo spazio dell’attuale piazza D’Armi, dietro l’attuale convento. Tra la fine di aprile e la metá di luglio del 1891 il Comune faceva esumare i resti mortali esistenti fra i crollanti muri dell’antica chiesa e ne disponeva la collocazione nella cripta appositamente costruita sotto la navata della chiesa S. Antonio da Padova afferente l’attuale convento francescano. Qualche anno fa, al centro della piazza d’Armi era sprofondato per circa un metro l’imboccatura della cisterna scavata nella viva roccia (vedi foto, con indicazione dell’imboccatura della cisterna).
Carmelo Antinoro www.favara.biz geneo storia favara
La cisterna dei morti di colera in piazza d’Armi
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