Ci sono anche tre agrigentini tra i 23 indagati della maxi inchiesta denominata “Sorella Sanità” che alle prime luci dell’alba di ieri si è letteralmente abbattuta sul mondo della sanità siciliana.
Gli investigatori avrebbero accertato un presunto giro di mazzette che ruotava intorno alle gare indette dalla Centrale Unica di Committenza della Regione Siciliana e dall’Asp 6 di Palermo. Il totale complessivo dei soldi stanziati per le gare si aggira sui 600 milioni di euro.
L’operazione condotta dai militari del Comando Provinciale di Palermo della Guardia di Finanza ha coinvolto anche imprenditori e funzionari pubblici.
Gli agrigentini coinvolti nel blitz sono tre: l’imprenditore di Canicattì Salvatore Manganaro, 44 anni, che è finito in carcere, il deputato regionale Carmelo Pullara, 48 anni di Licata, vicepresidente della Commissione Salute e servizi sociali e sanitari dell’Ars, nonché membro della Commissione Antimafia Regionale, e l’imprenditore Vincenzo Li Calzi, 45 anni di Canicattì, che si occupa di forniture ospedaliere. Questi ultimi due risultano indagati.
Tra gli arrestati ci sono anche Antonino Candela, 55 anni, attuale Coordinatore della struttura regionale per l’emergenza Covid-19 in Sicilia (all’epoca dei fatti direttore generale dell’Asp di Palermo), nonché l’attuale direttore dell’Asp di Trapani Fabio Damiani, anche lui di 55 anni.
Nel mirino degli inquirenti sarebbero finiti il bando per la gestione e la manutenzione di apparecchiature elettromedicali; quello per i servizi integrati di manutenzione delle apparecchiature elettromedicali; il bando per la fornitura di vettori energetici, conduzione e manutenzione impianti tecnologici e, infine, il bando per i servizi di pulizia per gli enti del Servizio Sanitario Regionale.
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