Parla in aula il medico legale che ha eseguito l’autopsia sul corpo di Giuseppe Miceli, il 67enne di Cattolica Eraclea ucciso il 7 dicembre del 2015. Il medico, ieri, ha fornito i particolari emersi dall’esame autoptico.
Udienza importante quella di ieri mattina, davanti alla Corte di assise presieduta da Wilma Angela Mazzara, per il processo scaturito dall’omicidio del marmista 67enne Giuseppe Miceli, di Cattolica Eraclea, ucciso nel suo laboratorio di via Crispi il 7 dicembre del 2015.
A parlare in aula è stato il medico legale Ignazio Tavormina, che ha eseguito l’autopsia sul corpo della vittima. Il medico ha fornito i particolari emersi dall’esame autoptico, ricostruendo come Giuseppe Miceli venne ucciso da almeno dieci colpi inferti con vari corpi contundenti, azzardando anche una ipotesi secondo la quale ad aggredire il marmista potrebbero essere state forse più persone.
La morte del 67enne, secondo le risultanze dell’autopsia, sarebbe stata causata dalla frattura della base cranica. Il medico Tavormina, avendo rinvenuto alcuni alimenti nello stomaco della vittima non ancora digeriti, collocherebbe l’orario dell’omicidio verosimilmente alle ore 22.00. Chi ha ucciso Miceli, probabilmente, potrebbe essere mancino, in quanto la direzione della maggior parte dei colpi – inferti sulla parte destra della vittima – avallerebbero questa ipotesi.
L’omicida sarebbe probabilmente più alto della vittima data la presenza di alcune ferite dall’alto verso il basso, che però potrebbero anche essere state inflitte quando il corpo del marmista si trovava adagiato per terra. L’assassino doveva essere molto forte e avrebbe esercitato una notevole pressione nell’aggressione compiuta a colpi di corpi contundenti.
La maggior parte di queste ipotesi, comunque, sono verosimili ma si tratta appunto di probabilità.
Ricordiamo che unico imputato al processo è il 53enne Gaetano Sciortino, anch’egli, come la vittima, di Cattolica Eraclea,, arrestato dai carabinieri il 20 ottobre del 2017. Mai messo completamente a fuoco il movente dell’omicidio, si tratterebbe forse di motivi economici non del tutto chiari. Sciortino sarebbe destro e più basso di Miceli, fattori che appunto non coincidono con il possibile identikit dell’omicida ricostruito dal medico.
(Da sinistra: Gaetano Sciortino, Giuseppe Miceli)
I carabinieri, nel corso delle indagini che portarono all’arresto del 53enne, avevano analizzato alcuni filmati realizzati da alcune telecamere esistenti nelle adiacenze del luogo del delitto, concentrando l’attenzione su una vettura, una Fiat Punto di colore nero, guidata proprio da Sciortino. Dalle immagini emergerebbe, avevano ricostruito i militari in conferenza stampa la mattina stessa dell’arresto dell’uomo, che il giorno dell’omicidio, per circa tre ore, il 53enne avrebbe pedinato la vittima.
A dare una svolta alle indagini fu il ritrovamento di una scarpa in una zona rurale che, secondo gli inquirenti, sarebbe stata abbandonata dal presunto killer e la cui impronta combacerebbe con quella repertata dai carabinieri del RIS sulla scena del crimine.
A rappresentare l’accusa è il pm Gloria Andreoli. Sciortino è difeso dagli avvocati Santo Lucia e Giovanna Morello. Si torna in aula il prossimo 18 aprile.
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