Condannato a 4 mesi di reclusione con l’accusa di corruzione per l’esercizio della funzione per la vicenda delle 40 palme da collocare nella sua villa di Montaperto, Eugenio D’Orsi si rivolge alla Corte di Appello. Quelle palme sono state un regalo -dice-. Per il suo avvocato: “Non c’è nessuna corruzione”.
L’ex presidente della provincia di Agrigento, Eugenio D’Orsi, è stato condannato nel maggio del 2017 a quattro mesi di reclusione dai giudici della prima sezione penale del tribunale di Agrigento presieduta da Gianfranca Claudia Infantino. L’accusa è di “corruzione per l’esercizio della funzione”. La vicenda è quella relativa alle palme nella sua villa di Montaperto.
Secondo l’accusa, D’Orsi avrebbe ottenuto gratuitamente 40 piante in cambio dell’acquisto, da parte dell’ente provinciale che lui guidava, di tutte quelle presenti nel vivaio, prossimo alla chiusura.
Ma per il legale di fiducia di D’Orsi, l’avv. Daniela Posante, non c’è nessuna corruzione; l’ex presidente non ha commesso nessun reato e per questo ha deciso di rivolgersi alla Corte d’appello chiedendo l’assoluzione del suo assistito. La vicenda giudiziaria approderà in aula il prossimo 29 gennaio.
Secondo l’avv. manca la prova del collegamento funzionale tra le palme arrivate a casa di D’orsi e l’acquisto delle piante fatte dalla Provincia. Sarebbero dunque due episodi sganciati fra loro.
Per i giudici che hanno condannato l’ex presidente della provincia però non è così. Non credono al fatto che D’Orsi abbia avuto un regalo così importante senza un preventivo accordo e comunque il fatto stesso di avere accettato e di non aver rispedito indietro le palme lo renderebbero colpevole di corruzione impropria.
A decidere adesso sulle sorti di D’Orsi saranno i giudici della Corte di Appello.
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