Furono condannati in primo grado, accusati a vario titolo di estorsione, rapina e tentata estorsione. Al centro della vicenda una motocicletta. Secondo la Corte di Appello di Palermo, invece, i fatti non sussistono. Assoluzione per il 23enne Antonio Sanfilippo, il 40enne Walter Bosco e il 43enne Alessandro Sguali.
La vicenda risale al 2015, il 10 novembre di quell’anno i poliziotti eseguirono tre arresti, oltre a un obbligo di presentazione alla Polizia e una quinta persona indagata. In primo grado il gup del Tribunale di Agrigento, Alfonso Malato, condannò tre dei cinque imputati a 1 anno e 6 mesi di reclusione ma adesso, in appello, Antonio Sanfilippo, 23 anni, Walter Bosco, 40 anni, e Alessandro Sguali, 43 anni, residenti a Favara, tranne Sguali che risiede a Montaperto, e difesi dall’avvocato Giuseppe Barba, sono stati assolti.
Le accuse nei loro confronti erano, a vario titolo, l’estorsione, la rapina e la tentata estorsione. Il gruppo – secondo l’accusa – si sarebbe recato al Villaggio Mosè e avrebbe rapinato un loro compaesano di una motocicletta, per poi chiedergli il riscatto. La presunta vittima, un 33enne favarese, avrebbe raccontato di avere subito un pestaggio, una rapina e diverse richieste estorsive finalizzate alla restituzione del mezzo.
Nel 2015 la Squadra Mobile di Agrigento fece scattare tre arresti. Secondo la tesi accusatoria, per come spiegato allora in conferenza stampa, la vittima avrebbe concordato con Sanfilippo la vendita della propria moto al prezzo di 4mila euro. Somma che sarebbe stata ritenuta poi troppo onerosa dagli imputati i quali avrebbero raggiunto la vittima, prendendo la moto senza pagare niente.
Dal canto loro gli stessi imputati, difesi dall’avvocato Barba, si sono sempre giustificati sostenendo che il loro accusatore, lamentando di avere problemi economici, si sarebbe fatto prestare alcune migliaia di euro da Sanfilippo. Il giovane poi si accorse che invece erano stati utilizzati per comprare la moto. Ne sarebbe sorto un litigio fino all’accordo di saldare il debito con la moto stessa.
La Corte di Appello di Palermo, presidente Fabio Marino, ha dato ragione alla strategia difensiva del difensore dei tre favaresi. Secondo la sentenza di assoluzione, i fatti non sussistono.
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