Da quanto emerge, la criminalità organizzata dei nostri territori, oggi, non detiene più una struttura militare sovraprovinciale come quella di 30 anni fa, fatta di gerarchie, di generali e di soldati graduati. Rimane comunque altrettanto pericolosa, ma in maniera subdola, in quanto la mancanza di eccessivi atti eclatanti la fa percepire non più come un ”nemico” e genera consenso tra i soggetti corruttibili della politica e dell’imprenditoria.
Cosa Nostra, inoltre, rimane molto forte dai punti di vista economico–imprenditoriale e identitario. Se non si presta attenzione a questi aspetti e si pone in essere un’adeguata azione di contrasto e repressione, il vicequestore Cilona non esclude un possibile ritorno della mafia alla struttura militare – forte di una potente base economica – che tante stragi provocò in passato.
Durante la conferenza tenutasi presso i locali della DIA, il vicequestore ha disaminato insieme alla stampa alcuni degli aspetti mafiosi elencati nella relazione semestrale della Direzione Distrettuale Antimafia, pubblicata recentemente e riferita alla seconda metà del 2017.
Tra gli argomenti trattati anche il filo rosso legato al mondo della droga che – stando alle indagini degli inquirenti – unisce l’asse Belgio–Agrigento provincia. Fenomeno, precisa il comandante della DIA, dovuto anche alla massiccia immigrazione italiana verso i territori nord–europei che ha ricreato vere e proprie comunità collegate con quelle siciliane.
In materia di traffico di droga, uno dei business della mafia, Cilona ha spiegato come ”Favara rappresenti una centrale al livello provinciale per un determinato tipo di stupefacente, con un legame diretto con il nord–Europa”.
Lo spaccio al minuto di stupefacenti, così come altre attività criminali di basso profilo quali furti e prostituzione, – è emerso in conferenza stampa – spesso nel nostro territorio è gestito da criminali provenienti ad esempio da territori romeni e magrebini. Parlando di criminalità straniera, Cilona ha detto: ”Questo nulla ha a che vedere con le mafie così come le intendiamo. È chiaro che sono fenomeni con cui però la mafia entra in contatto perché li conosce e li tollera. Non sono dei piani di business economici che si sovrappongono – ha aggiunto – quindi possono convivere”.
La mafia agrigentina, il focus soprattutto è su Cosa Nostra, secondo quanto emerso dalle indagini, intratterrebbe anche rapporti soprattutto di natura economica con la criminalità organizzata delle altre province siciliane, in particolare con il palermitano, il trapanese e il nisseno.
Tra gli interessi della mafia anche il settore del gioco d’azzardo, i cui fruitori che praticano il circuito illegale alimentano la macchina mafiosa. In aumento le estorsioni, che vanno dal settore dell’edilizia al piccolo imprenditore. Presente – rimarca Cilona – anche il fenomeno dell’usura.
Il vicequestore ha voluto infine lanciare un appello. Il contrasto delle istituzioni verso le mafie c’è e continuerà a esserci, ma tutti possono fare antimafia attraverso le denunce, il ripudio della mentalità mafiosa e la rinuncia a canali illegali legati al gioco d’azzardo.
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