Secondo quanto emerge dalla relazione della DIA inviata al Parlamento, Cosa Nostra agrigentina sta vivendo una fase di riassetto degli equilibri interni in relazione agli arresti effettuati nelle ultime operazioni, nonché ai decessi e alle scarcerazioni di ”uomini d’onore” i quali, quelli tornati in libertà, hanno interesse a riprendere le loro posizioni di potere. La struttura è sempre quella delle famiglie e dei mandamenti.
Secondo la DIA, però, nel territorio agrigentino esiste e opera – pur se in ruolo marginale rispetto a Cosa Nostra – anche un’altra organizzazione criminale: la Stidda. ”Ad oggi – questa l’analisi che si legge nel rapporto semestrale – è presente soprattutto nei territori di Bivona, Camastra, Campobello di Licata, Canicattì, Naro, Palma di Montechiaro, Favara e Porto Empedocle”.
La consorteria mafiosa della nostra provincia, precisa la DIA che ad Agrigento è coordinata dal vice questore aggiunto Roberto Cilona, segue ”una politica di basso profilo” – evitando il più possibile ostentazioni violente o gesti eclatanti e mantenendo un certo consenso sociale – ma allo stesso tempo conserva una notevole potenzialità offensiva. ”Riflesso di questa strategia silente – si legge nella relazione – è l’infiltrazione nel tessuto socio–economico in modo sempre più subdolo e pericoloso, riciclando e investendo cospicui capitali, in Italia e all’estero, in svariate attività, come quella delle energie alternative o dello smaltimento dei rifiuti”.
Tra le attività più tradizionali e marcate della criminalità mafiosa c’è l’infiltrazione nei pubblici appalti. Ciò avviene solitamente imponendo alle ditte aggiudicatarie dell’appalto il pagamento di una somma di denaro, la fornitura di materie prime o della manodopera, per consentire il regolare svolgimento dei lavori. La Dia però – è nel suo rapporto semestrale – ha registrato anche casi in cui imprenditori compiacenti mettono a disposizione dell’organizzazione mafiosa la propria impresa in modo da partecipare a gare d’appalto o in A.T.I. per conto di Cosa Nostra.
Altra attività ”tradizionale” della mafia è quella del racket, che colpisce nei più diversi settori anche e sempre più i piccoli imprenditori e i commercianti al minuto. Estorsioni che non disdegnano intimidazioni e minacce e, non di rado, anche danneggiamenti. La mano mafiosa, secondo la DIA, giunge anche nel settore delle scommesse on–line e della gestione delle slot machine per il gioco automatizzato.
Per quanto riguarda il mondo della droga, anche nell’agrigentino si continua a registrare la presenza di organizzazioni criminali dedite all’attività di produzione, traffico e spaccio di sostanze stupefacenti. Piantagioni di marijuana, si legge nel resoconto semestrale, non è inusuale individuarle specialmente nel licatese e nelle zone limitrofe.
Significativo anche l’arresto avvenuto il 4 ottobre del 2017 a Liegi, in Belgio, di un soggetto originario di Favara che – secondo quanto emerso dall’indagine denominata ”Up E Down”– è risultato essere il presunto capo e promotore di un’organizzazione che dall’estero avrebbe fatto arrivare a Favara ingenti quantità di cocaina e hashish.
A segnare un filo rosso che unisce l’asse Belgio–Agrigento provincia sono anche i fatti di sangue, quali omicidi e tentati omicidi, che da un paio di anni a questa parte più volte si sono verificati sia in territorio estero sia in quello favarese. ”Tutto ciò confermerebbe l’esistenza di una faida agrigentina in corso – recita un estratto della relazione della DIA – verosimilmente maturata in ambienti riconducibili al traffico internazionale di sostanze di stupefacenti sull’asse Belgio – Agrigento. Correlati alla predetta faida, o comunque a un possibile generale e preoccupante riarmo delle cosche, – continua il rapporto – potrebbero essere anche i diversi sequestri di armi da fuoco (comuni e da guerra) e le ripetute denunce per detenzione e porto illegale di armi che ormai da tempo si registrano nella provincia,in particolar modo a Favara”.
In ascesa, nel panorama delinquenziale della provincia, i gruppi criminali stranieri che nel tempo – e sembra che Cosa Nostra tolleri tale situazione – si sarebbero dedicati ad attività criminali di basso profilo: trasporto e spaccio di stupefacenti, sfruttamento dell’immigrazione clandestina e del ”lavoro in nero”, furti, rapine e sfruttamento della prostituzione.
Intanto le consorterie mafiose del territorio cercherebbero da sempre di infiltrarsi all’interno della Pubblica Amministrazione. Il caso più emblematico è Camastra, al cui Comune è stato eseguito un accesso prefettizio ispettivo a seguito dell’operazione antimafia ”Vultur”.
Altra realtà denunciata nella relazione semestrale è la cultura dell’illegalità, ad esempio episodi di intimidazione che non sarebbero direttamente riconducibili alla criminalità mafiosa. È il caso di Licata e della questione della demolizione di diversi immobili abusivi, in merito alla quale atti intimidatori sono arrivati ai danni del Commissario straordinario, così come in precedenza era avvenuto nei confronti del Sindaco e di un dirigente comunale.
Commenta articolo