Miliardi di persone transitano ininterrottamente da questo mondo senza lasciare alcuna traccia di sé: è quella massa sconfinata che si identifica con la stragrande maggioranza del ”genere umano” in ogni tempo.
Che destino tragicomico il nostro: nella infinitesimale porzione di tempo concessaci come se fosse una vita eterna, la Natura (o chi per Lei), per paradosso, ci elargisce generosamente anche ragione e tempo per pensare, riflettere, meditare, e quindi, misurare, prendere consapevolezza per comportarci di conseguenza, e cioè, per adeguarci, subire, tirare avanti sia pure per quel ”soffio” di cui godiamo (si fa per dire)!
E poi? Basta? Tutto finito?
Ma che cavolo me ne faccio di questi grandi doni?
Non è forse più doloroso della stessa morte ”pensare” che solo un istante dopo sarà come se non fossi mai esistito? Che, nella migliore delle ipotesi, con la scomparsa di quei pochi contemporanei che hanno avuto modo di conoscermi e di apprezzare le mie irrilevanti qualità (congiunti, amici, parenti) non esisterò più nemmeno nella memoria dei miei cari ”discendenti”?
E allora, che fare? Per i più sprovveduti come me, un’idea potrebbe essere questa: concentrare ogni sforzo per lasciare, anche sopra miseri pezzi di carta, una traccia di sé!
Tenendoci sempre lontani dalla assurda tentazione di irriverenti paragoni, vediamo che la storia è piena di persone che si sono staccate dalla ”massa” e hanno lasciato vere scie luminose dietro di sé.
Quanti artisti, poeti, scrittori, scienziati, scultori e benefattori dell’Umanità non continuano a vivere per secoli e secoli nella memoria dei loro successori?
Mi si dirà che quali sono i ”Geni”, i ”Grandi” che hanno fatto e fanno la Storia? Ma perché non provarci anche noi, ciascuno nel nostro piccolo, a esprimere per il futuro ”post mortem” un pensiero, una riflessione, un sentimento, una sensazione, un proposito, una credenza, un’azione che allunghi la propria vita nella memoria di quelli che rimangono e di quelli che verranno? So bene che la mia è un’idea disperata, ma è pur sempre questione di vita o di morte!
Lo diceva anche Pascal che noi viviamo nella ”stima” degli altri!
Ma lo capite che un eventuale allungamento della vita solo nel ricordo degli altri, cioè ormai priva della fisicità terrena, comporta anche l’assenza di ogni umana sofferenza, dei dolori, delle angosce, dei soprusi che la natura (o chi per lei) ci riponeva nella vita cosiddetta reale? E allora proviamoci: cerchiamo di allungare di un altro soffio la nostra esistenza, reale o virtuale che sia, lasciando questa pur minima traccia!
Giuseppe Valenti, dalla prefazione del suo libro ”Per un traccia di sé in versi e in prosa”.
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