È questo in breve uno dei passaggi contenuti nelle 120 pagine di motivazione della sentenza depositate dal giudice Giancarlo Caruso sulla vicenda relativa alla morte dei fratellini Carmelo e Laura Mulone, di 9 e 7 anni, che persero la vita mentre stavano passeggiando insieme al padre, l’appuntato dell’Arma Carabinieri, Rosario, alle Maccalube di Aragona.
Sono passati quasi 4 anni. Era il 27 settembre del 2014 quando, a seguito di una straordinaria attività dei vulcanelli, tonnellate e tonnellate di fango sommersero i due piccoli.
”Era urgente e necessario un accertamento – si legge nelle motivazioni della sentenza – in merito alle condizioni di sicurezza per la fruizione dell’area che giustificava un blocco sine die delle visite” almeno finché non ci fossero stati livelli di sicurezza adeguati a salvaguardare le vite umane.
Lo scorso gennaio, in primo grado, per quella che fu battezzata come la ”tragedia delle Maccalube”, furono condannati il direttore della riserva Domenico Fontana, all’epoca dei fatti presidente regionale di Legambiente, ente che gestisce la riserva in base a un contratto con la Regione, e Daniele Gucciardo, operatore del sito. Fu assolto invece il funzionario della Regione Francesco Gendusa.
La posizione del giudice Caruso nei confronti dei condannati è decisamente dura. Superficiale è stato, sempre secondo il giudice, il tema della gestione della sicurezza delle persone da parte del personale della Riserva.
La difesa aveva sostenuto che ciò che accadde quel giorno era assolutamente imprevedibile perché alle Maccalube nessuno si era mai fatto del male.
Il giudice nella sentenza ha sottolineato come l’affermazione sbandierata dalla difesa sia improbabile e non basta sostenere che, visto che nessuno si è fatto male, allora ciò è improbabile che accada.
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