Sono le parole scritte in una lettera dalla prof.ssa Michela Frasca, mamma del giovane agrigentino Vincenzo Rigoli, morto nella notte tra il 16 e il 17 dicembre del 2012 all’ospedale San Giovanni di Dio di Agrigento per shock emorragico dopo un incidente stradale autonomo avvenuto in c.da Gasena.
È lo sfogo di una mamma disperata quello della signora Frasca che ripercorre i cinque anni, tre mesi e 10 giorni dal fatto. Parla delle lotte affrontate per evitare due richieste di archiviazione del caso e del successivo rinvio a giudizio per omicidio colposo di due medici del nosocomio agrigentino.
”Non è facile mettere in pubblica piazza i propri sentimenti, le mancanze, la sofferenza, il sentire che si è a un passo dalla verità e improvvisamente vedere svanire tutto. Ripiombare nel vuoto, nel nulla” – scrive la madre di Vincenzo.
Inizialmente il processo viene affidato al giudice Dott.ssa Infantino –racconta la signora Frasca– che, ”per quasi un anno, non riesce a incardinarlo; quest’ultima viene successivamente sostituita dalla Dott.ssa Tedde due anni fa. Inizia finalmente il processo –scrive–, il cuore si riempie di speranza. Speranza di arrivare alla verità! Tra rinvii per mancate notifiche, assenza dei testi, successiva rinuncia alla presenza in aula degli stessi, tutti di parte per i medici imputati, arriviamo, un mese fa, a un passo dalla conclusione di un procedimento che è stato un calvario!”. ”Colpo di scena : il giudice, al fine di valutare in merito alle discrasie emerse dalle relazioni peritali presentate dalle parti in causa, decide, dapprima, di effettuare un confronto d’aula tra tutti i medici che a vario titolo le hanno prodotte – autoptiche comprese! – E successivamente, –continua la signora Frasca–abbandonando la precedente decisione, dispone circa l’esecuzione di una consulenza medico–legale collegiale che valuti le perizie di parte agli atti processuali. Giusto, dico,–scrive la mamma di Vincenzo– è giusto se serve al pieno convincimento del giudice per formulare una sentenza ”giusta”!”.
Nell’udienza di ieri la nomina dei due medici individuati e dei quali il giudice intende avvalersi. Giureranno il prossimo 11 aprile. ”E poi –scrive Michela Frasca– … il baratro: il giudice a fine aprile verrà trasferita ad altra sede e, con molta probabilità, non potrà portare a termine il processo. Si potrebbe dover ricominciare tutto!”.
Insomma il timore della prof.ssa Frasca è che il processo possa finire con la prescrizione del reato per scadenza dei termini.
”Una sentenza, qualsiasi essa sia, ma in nome della verità, deve esserci, non può non esserci!” –ribadisce. ”La fiducia nei confronti della giustizia mi ha sorretta sempre e proprio con questa rinnovata fiducia, di fatto mai persa, mi rivolgo, da mamma orfana del proprio figlio, al giudice, affinché possa in cuor suo –conclude– fare ricorso a tutto ciò che a norma di legge risulti possibile e utile per poter giungere in tempi brevi alla emissione di una sentenza a sua firma”.
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