Ciò su cui si cerca di fare chiarezza è se la morte del giovane Rigoli poteva essere evitata, se dunque sussistono delle eventuali responsabilità e su chi ricadano. Il procedimento penale del caso vede imputati – per omicidio colposo – due medici del nosocomio agrigentino, Sergio Sutera Sardo e Salvatore Napolitano, gli stessi che ebbero in cura il giovane.
Ieri i periti di parte civile, i professori Paolo Procaccianti e Nello Grassi dell’Università di Palermo, sono stati ascoltati in aula per dare il loro parere sulla vicenda. Il prof. Procaccianti, l’unica figura professionale che ha partecipato all’esame autoptico sulla salma del giovane, ha fornito delle spiegazioni supportate da documentazione fotografica per dimostrare come le lesioni riportate da Vincenzo Rigoli, sia a livello addominale che toracico–polmonare, se tempestivamente e opportunamente trattate, avrebbero consentito una chance di sopravvivenza del 70%.
Insomma, secondo il perito le speranze di salvare la vita del giovane c’erano eccome. Procaccianti ha inoltre rilevato come ”le descrizioni riportate nei registri operatori in merito agli interventi eseguiti sugli organi interni coinvolti non hanno trovato alcun riscontro all’esame autoptico”.
La posizione del perito di parte civile si pone dunque in contrapposizione, con l’intenzione di smentire, con quanto invece affermato dal consulente della Procura, il medico legale Giuseppe Ragazzi. Lo stesso aveva sostenuto lo scorso mercoledì una prognosi ben più infausta rispetto all’ottimistica percentuale del 70% di poter salvare Rigoli annunciata dal perito di parte civile.
Il consulente della Procura avrebbe concesso che i medici sono stati ”negligenti nei tempi e nelle modalità di trattamento”, ma le lesioni agli organi interni del 19enne – sempre secondo Ragazzi – erano talmente critiche da lasciare ben poche speranze. Ad aggravare ulteriormente la situazione, spiegava il medico legale, il fatto che Rigoli soffrisse di una broncopatia”.
Per il perito di parte civile, Procaccianti, si sarebbe trattato invece di una semplice bronchite. La sua considerazione, ieri, è stata dunque quella che un polmone di Vincenzo risultasse in collasso e che non sia stato trattato per oltre due ore.
L’altro perito della famiglia Rigoli, il prof. Grassi, si è soffermato sulla figura e sulle competenze del Chirurgo Generale che, a differenza di altri corsi di specializzazione in branche della chirurgia, risulta essere una figura ”completa” e non ”generica”, censurando di fatto l’atteggiamento di inerzia dei sanitari che, la notte in cui Vincenzo Rigoli giunse in ospedale, hanno atteso l’arrivo del medico Salvatore Napolitano.
Quelli ascoltati dal giudice, i pareri della Procura e della parte civile, sono decisamente contrastanti. Il processo intanto va avanti, la prossima udienza è fissata per l’8 gennaio del 2018.
Commenta articolo