Temi principali della mostra sono la rivisitazione artistica, umana e simbolica della frana, tra una sorta di ricostruzione dei fatti come lo spazzino – rappresentato da una scopa – che per primo lanciò l’allarme o l’asino che fu una vittima del disastro e gli stati d’animo delle persone sfollate, costrette a trovare rifugio in una logora branda e senza un tetto sulla testa.
Tre le opere installate in un piccolo posto, l’area 6 della Farm, tutte dai titoli latini: ”Error communis” di Alfonso Siracusa, una sorta di dialogo tra oggetti quali le brande e la ”finestra” dietro la quale si nasconde il ciuchino; ”Obstupesco” di Salvo Barone, un quadro raffigurante due donne e un uomo dall’aria smarrita come se fossero stati appena sfollati; infine ”Cui prodest” di Momò Calascibetta, un riquadro simbolo dell’inettitudine e della stitichezza dell’artista al tempo della speculazione edilizia in Italia.
Queste opere, similmente a quanto accaduto in seguito alla frana del ’66, sono intese come ”persone sfollate” – spiega l’addetto alle pubbliche relazioni Salvo Sciortino – che sono state accolte ed esposte alla Farm di Favara.
Le istallazioni rimarranno sul posto per tutta l’estate, durante la quale non mancheranno eventi a tema.
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