Il riferimento è al tanto paventato dissesto finanziario del Comune di Favara.
L’amministrazione comunale guidata dalla sindaca Anna Alba ha issato bandiera bianca. Inutile secondo la giunta tentare di stare dietro a un piano di riequilibrio pluriennale, meglio quindi azzerare tutto e ripartire.
Come ricorderete, nella passata legislatura si era predisposto un piano di riequilibrio decennale su cui spalmare i debiti dell’ente. Piano però che più volte era stato soggetto a revisioni e richieste di chiarimenti da parte della magistratura contabile. Un lungo periodo di “botta e risposta” tra Favara, Roma e Palermo che però si è interrotto all’indomani delle elezioni amministrative.
Che la situazione finanziaria dell’ente fosse disastrosa lo si sapeva già, ne erano perfettamente coscienti anche gli stessi neo inquilini di Palazzo di Città.
Tra l’altro sin dal suo insediamento l’assessore comunale al bilancio Crocetta Maida aveva lasciato intuire che la barca sarebbe presto affondata.
La stessa Maida, il 29 luglio scorso, comunicava al Ministero dell’Interno di non poter seguire il piano di riequilibrio disposto dalla giunta Manganella e approvato dal vecchio consiglio comunale.
La decisione formale di avviare le procedure per il dissesto è prettamente di natura contabile.
Il Comune di Favara avrebbe debiti per circa 40 milioni di euro, di cui circa 2 milioni e 800 mila euro maturati solo nel corso del 2015, quando a guidare la barca c’era l’ex sindaco, l’insegnante in pensione.
Per l’anno in corso l’ente si dichiara impossibilitato a chiudere il bilancio di previsione ed ecco quindi che l’iceberg che affondò il Titanic lentamente emerge dal lastricato di piazza Cavour proprio sulla rotta di Palazzo di Città.
La giovane amministratrice, eletta a furor di popolo alle scorse amministrative, nelle ultime settimane ha dedicato parte del suo tempo a spiegare ai frequentatori di qualche piazzetta che la decisione di dichiarare il dissesto sarebbe stata quasi un obbligo per l’ente: non per colpa quindi della sua giunta ma dei suoi predecessori che negli anni avrebbero accumulato un debito così alto che il Comune non sarebbe in grado di ripagare nei dieci anni previsti dal piano ormai abbandonato.
Secondo quanto spiegato dalla sindaca ai cittadini di Favara il fallimento del Comune non porterebbe nessun incremento di tasse, poiché le stesse, grazie alla sindacatura oramai finita di Manganella, starebbero già pagando i tributi locali al massimo delle aliquote previste.
Inoltre, sempre secondo la sindaca, con il dissesto ai contribuenti favaresi sarebbero richiesti 5 anni di sacrifici al fronte dei 10 previsti in caso di piano di riequilibrio.
E di dissesto finanziario si è parlato anche venerdì scorso nel corso di una seduta aperta del consiglio comunale, dove però è emerso come, in caso di fallimento dell’ente, il costo del servizio di nettezza urbana potrebbe lievitare notevolmente a discapito dei contribuenti che vedrebbero recapitarsi bollette salatissime.
Naturalmente la decisione assunta da Giunta e gruppo di maggioranza pentastellata in consiglio comunale, ovvero quello di dichiarare il dissesto, stride con il pensiero dei partiti di opposizione che anch’essi però devono fare i conti con i numeri.
Per l’approvazione della dichiarazione di dissesto ad Aula Falcone e Borsellino serve infatti la maggioranza numerica dei voti che quindi consente al galeone battente bandiera cinquestelle di ammainare le vele e navigare proprio in direzione dell’iceberg.
Sulle reali conseguenze del dissesto finanziario, ivi comprese le sorti dei dipendenti precari dell’ente, ve ne parleremo prossimamente.
Nella diatriba politica apertasi sulla dichiarazione del dissesto sicuramente non entra l’opinione di molti contribuenti favaresi che, più che guardare ai conti, esigono quei servizi per i quali pagano lauti tributi ma che non rispecchiano le somme versate.
La città, a parte l’apprezzabile impegno del vicesindaco Attrado nel cercare di rendere più pulito il territorio, sembra ancora non aver assistito al tanto sperato cambiamento. Molte le problematiche che c’erano con il sindaco Manganella e che ci sono ancora con la sindaca Alba. Ma è presto ancora per azzardare un paragone tra le due amministrazioni comunali anche se diverse cose le accomunano.
Dopo Casteltermini, che ha già dichiarato il dissesto finanziario, nell’agrigentino sulle stesse acque del Comune di Favara navigano anche diversi enti, tra questi anche Porto Empedocle, comune anch’esso amministrato dal Movimento Cinque Stelle, e la stessa città capoluogo, ovvero Agrigento, la cui amministrazione Firetto starebbe pensando a un piano di riequilibrio pluriennale.
I tagli agli enti locali delle risorse finanziarie provenienti da Stato e Regione hanno probabilmente inciso parecchio sulla crisi economica in cui versano i Comuni, ma a questi, probabilmente, si devono aggiungere gestioni finanziarie non proprio ottimali.
E se qualcuno non avrà saputo spendere adeguatamente i soldi pubblici, dovrà risponderne personalmente alle autorità giudiziarie competenti. Ma questo ovviamente è un capitolo a parte, solo il tempo sarà testimone degli avvenimenti.
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