Il riferimento è alla via Umberto di Favara, la principale arteria del centro storico la cui carreggiata, nel tratto compreso i numeri civici 137 e 153, è ristretta.
I fatti risalgono al tragico 23 gennaio 2010, quando nel crollo della palazzina di via del Carmine persero la vita le sorelle Marianna e Chiara Pia Bellavia.
Solo dopo la morte delle sfortunate giovani emerse il problema centro storico a Favara e subito iniziarono i sopralluoghi dei tecnici che individuarono e segnalarono molti edifici fatiscenti.
In via Umberto, a garantire la pubblica incolumità da circa 4 anni e mezzo, dopo la chiusura momentanea della strada, vi è un muro e l’installazione di un contrafforte di contenimento di un edificio.
Di tempo ne è passato e non ci spieghiamo come mai in via Umberto ci sia ancora quel muro e quella struttura in acciaio.
In mattinata abbiamo sentito telefonicamente l’Ing. Capo del Ufficio Tecnico Comunale Alberto Avenia.
Ci ha spiegato che l’area interna al recinto di protezione era stata sottoposta a sequestro dopo il fatto del 23 gennaio 2010.
L’Ente Comune ha avanzato due o tre istanze di dissequestro alla Procura della Repubblica di Agrigento.
Richieste, ultima delle quali fatta nel 2011, che sarebbero state rigettate.
Da allora nessun’altra istanza di dissequestro è partita dall’Ufficio tecnico di piazza Mazzini.
D’altronde, e lo dice l’ing. Avenia, “una volta realizzata questa opera non ci interessa più”.
Quindi quel muro e quel gabbione metallico collocato a ridosso di un edificio fatiscente non danno più fastidio a nessuno.
In molti, e questo possiamo assicurarvelo perché ce l’hanno richiesto più volte, chiedono di buttare giù le case pericolanti e adibire l’area a parcheggi.
Che la burocrazia in Italia sia un fattore vincolante non è una scoperta; lo è invece sapere che dal 2012 ad oggi nessuno si è mosso per cercare di risolvere il problema.
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