A perdere la vita nell’attentato di Capaci, oltre al giudice Falcone ed alla moglie , il 23 maggio del 1992, furono drammaticamente uccisi gli uomini della scorta: Antonio Montinaro , Rocco Di Cillo e Vito Schifani.
57 giorni dopo, in via Mariano D’Amelio, invece, veniva ucciso il giudice Borsellino e la relativa scorta.
Con l’assassinio dei due giudici si segnò una pagina importante della storia del nostro paese .
In questa lotta continua tra mafia ed antimafia le regole che disciplinavano i rapporti tra le diverse magistrature venivano continuamente oltraggiate attraverso intrighi di carattere politico e che tendevano a sminuire il lavoro svolto con impegno da parte delle persone che agivano in qualità di magistrati per mettere fine al fenomeno mafioso.
Falcone e Borsellino vennero circondati da un clima omertoso, la lotta contro il malaffare divenne una loro personale battaglia condotta nella più totale solitudine, come se si trattasse di una guerra privata.
In un’ intervista sul giornale “La Repubblica” realizzata dal giornalista Attilio Bolzoni, Falcone risponde: “Ma io sono un siciliano , un siciliano vero. Per me la vita vale quanto il bottone di questa giacca.”
Mentre parla le sue labbra si piegavano in uno strano sorriso, il sorriso di chi sa che la vita va vissuta intensamente e coraggiosamente!
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