Agli albori dello sviluppo urbano di Favara, durante il periodo di missione dei fraticelli francescani, dal 1530 al 1574, il primo nucleo, sorto ai piedi del castello, fra le vie del Transito e S. Nicolò, che contava meno di cinquecento anime, si è quadruplicata. All’inizio i frati minori presero stanza nel convento del Carmine, anticamente dedicato a S. Antonio da Padova e poi all’Annunziata. Nel 1574 lo abbandonarono e si trasferirono sull’ameno pianoro della collina che ha preso il nome del fraticello d’Assisi, dove eressero, alla sua gloria, un altro conventino con la chiesa sotto il titolo di S. Antonio Abate, mentre il convento del Carmine veniva occupato dai Carmelitani.
Tra la seconda metá di novembre 1625 e la fine agosto 1626 la peste fece registrare un congruo numero di vittime ed i corpi furono inumati sulla collina S. Francesco, nella terra a sud–est dell’attuale piazzale, che nel corso dei secoli assunse il triste nome di “terra dei morti”. Nonostante tutto, la presenza del piccolo convento sull’omonima collina, tra la seconda metá del 1600 e la seconda metá del 1700, ha foraggiato la formazione di un nucleo di abitazioni, un villaggio che sembrava destinato a crescere. Purtroppo la sorte di questo borgo non è stata prospera, perchè il Comune nei periodi epidemici di colera del 1637 e del 1867, ha utilizzato quella collina per la sepoltura dei morti. Col passare degli anni il convento ha subito degli alti e bassi; i forti miasmi che scaturivano dai cadaveri mal sepolti ammorbavano l’aria e più volte i frati furono costretti a lasciare il loro convento. Anche le famiglie che da tanti decenni abitavano il piccolo borgo, nel tempo, sono stati costretti a trasferirsi all’interno dell’abitato. Si legge, in proposito, in una delibera consiliare del 29 dicembre 1889: ….. allettati dalla bella e salutare posizione i Favaresi a poco a poco tra la seconda metá del 1600 formarono un grazioso villaggio sulle amene pendici di quella collina ed i nostri vecchi ne ricordano ancora gli avanzi.
Dapprima nel 1837, poi nel 1867, per ragioni di sicurezza, vennero interdette le sepolture nelle chiese all’interno dell’abitato è fu utilizzata la chiesa ormai in rovina sulla collina di S. Francesco, o meglio, nella terra dei morti. In particolare nel 1867 i morti furono tanti (oltre 800), al punto che rimasero insepolti e ammonticchiati a cataste all’interno dei muri crollanti della chiesa, con conseguenze che sono facili immaginare.
Nel 1855 il Comune fece realizzare uno studio da parte dell’ing. Salvatore Gravanti per la realizzazione di un cimitero sulla collina, ma non ebbe seguito per la presenza di roccia affiorante.
Dal 1867 al 1891 (nonostante il cimitero di Piana Traversa giá costruito nel 1877) le ossa degli estinti di colera rimasero esposte alle intemperie e quel luogo diventò, soprattutto per i bambini e ragazzi, un luogo di terrore, il luogo dei fuochi fatui. Solo nel 1891, dopo la costruzione del nuovo (quello esistente) convento e la chiesa di S. Antonio Abate dei frati minori, il guardiano del convento e il sindaco di Favara pervennero a un accordo per eliminare quella vergogna e dare sepoltura a ciò che rimaneva degli estinti. Il sindaco ha ceduto un ritaglio di terreno che faceva parte dell’attuale piazzale dietro il convento ed il guardiano del convento fr. Fabrizio Fleres – bella figura di monaco (sic!), di cui parlerò nella prossima pubblicazione – ha autorizzato il Comune a costruire sotto la navata della chiesa un ossario, una grande cripta atta ad accogliere le ossa. Fino agli ultimi lavori di restauro della chiesa, una lapide ricordava (non si capisce perché è stata soppressa) l’avvenimento con la scritta:
QUI SOTTO L’USBERGO DEL S. P. FRANCESCO VENERATE RELIQUIE DEI DEFUNTI ESUMATE DAL VICINO DEMOLITO CIMITERO ASPETTANDO LA RESURREZIONE DEI GIUSTI
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PIETOSI UNA FERVIDA PRECE PER LE LORO ANIME BENEDETTE
1899
(nella foto: una parziale visione delle ossa dei morti di colera sotto la chiesa di S. Antonio abate di Favara)
Carmelo Antinoro www.favara.biz geneo storia favara
Le ossa dei colerosi sotto l’usbergo dei frr. Minori di Favara
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