Il popolo, la plebaglia (come si diceva anticamente), specialmente donne e ragazzi erano un terreno fertilissimo per far germogliare da un nonnulla, le cose più strane e a volte tristi. La plebaglia facilmente si commuoveva con la semplice notizia di un fatterello impressionante, anche se illogico. La commozione di uno passava ad un altro e così via, trasmettendosi e insinuandosi in migliaia di persone che assimilavano la notizia del fatto, senza vederlo o averne certezza. La commozione cresceva d’intensitá, diventando morbosa e spesso delittuosa. La folla in tali casi diveniva una belva feroce. Se ne possono citare di fatti accaduti in Favara, ma mi limito a raccontarne qualcuno risalente oltre un secolo fa.
Tutti dicevano essere apparsa una grossa e spaventosa bestia nel torrentello del Conzo. Chi diceva un grosso rettile con bocca ed occhi rossi, chiamata volgarmente Biddina, chi un drago, chi un altro mostro curioso. Sono accorsi i carabinieri per scovare questo immaginario animale e non hanno trovato nulla. Una credenza popolare voleva che al Conzo, in tempi remoti, fosse stata uccisa una biddina.
Il Comune lavorava alacremente per il censimento della popolazione del 1901. Nei muri delle strade principali apponeva mattonelle stagnate. La plebaglia, al solito, si allarmava, diffidava. Chi diceva che volevano mandare il colera morbus o la peste, chi credeva si trattasse di nuove tasse, chi di arresti e domicili coatti, chi di forzata emigrazione in America o in altri lidi lontani. La plebe credeva che il colera, la peste e i mali contagiosi fossero veleni composti di proposito e dissipati nell’aria o mischiati all’acqua sorgente finalizzati all’uccisione di massa. Qualcuno addirittura pensava che contavano le persone per scorticarle, qualche altro supponeva trattarsi di cessione del regno ad altra nazione e così ognuno si abbandonava alle più strane congetture, alle diffidenze, alle malevolenze più strane. Insomma la plebe era permalosa, diffidente, riluttante al censimento. Si possono immaginare i risultati e l’attendibilitá.
Una volta ci fu un matto che disse essere arrivati in Favara dei forestieri mandati dalla regina per rubare bambini e rivenderli ai turchi. La notizia cominciò subito a propagarsi con le sue varianti. Qualcuno in un primo momento diceva trattarsi di furto di bambini per essere portati in Giappone a riparare la mancanza di morti in guerra e negli Stati Uniti d’America per i crescenti lavori e mancanza di maschi atti al lavoro. In quel frangente accadde che un povero vecchiarello pallido, macilento, curvo e muto, arrivò in Favara per chiedere l’elemosina. Come in questi casi suol dirsi: “quando il diavolo ci mette la coda”, alla vista di quel poveretto qualcuno gridò “ecco il ladro di bambini”. La turba di ragazzacci, sempre crescente, cominciò a menar sassate al malcapitato, che nulla capiva di quello che stava accadendo. In brevissimo tempo si mescolarono anche gli uomini e soprattutto le donne. Per le percosse l’innocente vittima grondava sangue da tutto il corpo. Se non si fosse messa in mezzo la mano di uomini pietosi, la folla ubriaca, inferocita e cieca avrebbe forse lapidato il poveretto. Caso di feroce barbarie della plebe, residuo atavico dell’uomo protostorico ridestatosi nel parossismo della malvagia morbosa febbre psicologica.
Carmelo Antinoro www.favara.biz geneo storia favara
Plebaglia favarese e credenze popolari
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