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Edizione del 15 Ottobre 2002

A cura della redazione giornalistica di Sicilia TV
Direttore Responsabile: Dario Broccio

 


Carmelo Diliberto è il nuovo segretario generale della Cgil siciliana. L'ha eletto il direttivo regionale con 123 voti a favore. Il sindacalista di Lercara Freddi  che in passato è stato impegnato nei settori agricoltura, industria, mercato del lavoro, seguendo vertenze come quelle sulla ristrutturazione dei poli petrolchimici e del settore tessile, dell'Italkali, del precariato ed è stato uno dei protagonisti del protocollo che ha portato all'approvazione della legge sullo scioglimento degli enti economici regionali. I punti centrali del suo programma sono la vertenza Fiat, la crisi finanziaria della regione, il contrasto al lavoro nero e al precariato, la lotta contro la mafia, la promozione per la Sicilia di un modello nuovo che coniughi sviluppo e tutela e valorizzazione dell'ambiente.


 

Gli agenti della questura di Caltanissetta  hanno  arrestato 6   presunti affiliati al clan mafioso Rinzivillo di Gela, otto invece gli ordini di custodia cautelare che erano stati firmati dal  gip del tribunale Leopoldo Di Gregorio, su richiesta del pm della Direzione distrettuale antimafia di Caltanissetta, Angela La Torre L'inchiesta si basa su accertamenti costituiti in gran parte da intercettazioni ambientali e telefoniche in cui emergerebbero responsabilità degli indagati accusati di fare parte di una delle famiglie mafiose più pericolose del nisseno. I reati contestati: associazione mafiosa armata finalizzata al traffico e allo spaccio di eroina, cocaina e marijuana. Le indagini durate alcune mesi hanno tra l'altro messo in rilievo l'esistenza di un saldo collegamento tra i capi detenuti e gli affiliati della cosca. La squadra mobile di Caltanissetta e il commissariato di Gela hanno accertato che alcuni affiliati al clan, detenuti, impartivano dal carcere ordini agli altri gregari durante i colloqui,  postina dei messaggi in codice la madre  di  Salvatore Bugio, Angela Razza, 61 anni, incensurata. La donna finita in manette è accusata di raccogliere il  denaro riciclato dalla cosca locale, di concorso esterno in associazione mafiosa e di avere fatto messaggere  quando il figlio era detenuto, Bugio ora è latitante.



E' ormai una realtà il ''modello Sicilia'', un progetto ideato e messo a punto dall' assessorato regionale agli Enti locali ed ai Servizi sociali, 'Obiettivo del piano - ha dichiarato l' assessore regionale agli Enti locali Antonio D' Aquino - e' rendere più efficiente il procedimento delle adozioni anche attraverso la costruzione di una interrelazione reale tra  le diverse parti coinvolte. Il ''modello Sicilia'' nasce da una collaborazione tra l' assessorato ed il Cerisdi, il centro ricerche e studi direzionale, che si propone la formazione degli operatori impegnati nel settore delle adozioni e la costituzione di un sistema informatico: una vera e propria banca dati, accessibile a tutti i soggetti interessati, per la raccolta e l'elaborazione delle informazioni relative al fenomeno delle adozioni dei minori stranieri in Sicilia.



Il Gruppo consiliare dei democratici di sinistra  del consiglio comunale di Favara, capogruppo l’architetto Sferrazza, chiede al sindaco la presentazione in Consiglio di un “rapporto sullo stato di governo della città”, indicando le emergenze, le priorità, i tempi e i modi che si intendono adottare per affondare nodi cruciali della vita collettiva cittadina.  La proposta fa seguito  ad una riunione  tenutasi nei giorni  tra i componenti del gruppo dei Ds e alla presenza del segretario cittadino Crapanzano, riunione nella quale si è valutato positivamente l’andamento dei lavori e della produttività del consiglio comunale.



E’ trascorso un mese dal giorno della tragedia a Capo Rossello. Dove 36 liberiani hanno perso la vita a seguito del naufragio di quella piccola imbarcazione su cui viaggiavano. È proprio in occasione del trigesimo e su quella spiaggia verranno ricordati oggi, nel corso di una messa. Vicino a quel mare la cui traversata rappresentava la nuova vita ma che invece ha rappresentato la fine di un percorso. Sono ancora vivi quei giorni, nel quale si coglieva lo sgomento nei volti dei sopravvissuti, alcuni dei quali ospitati da famiglie di Realmente,  e le attività di  tutti coloro che partecipavano alle operazioni di soccorso recuperando quei cadaveri che dal mare venivano restituiti.  Ad officiare la messa in suffragio l’arciprete don Giuseppe Gaglia.



E la segreteria provinciale della Uil esprime la propria solidarietà al Dottor Vincenzo Fontana, la nostra terra, sottolinea Aldo Broccio, Segretario dell’unione Italiana del Lavoro, purtroppo è martoriata da questi atti destinati ad intimidire tutti, magistrati, politici, rappresentanti istituzionali ed imprenditori. In ogni caso afferma l’esponente sindacale non bisogna mai abbassare la guardia, e stringersi attorno all’intimidito di turno, al fine di mostrare che vi è una grande forza sana anche nella nostra provincia che combatte e condanna il crimine ed il malaffare.



L’on Errore Coordinatore Provinciale dell’Udeur, continua la sua azione per fortificare i Cattolici Democratici nella Provincia di Agrigento aderenti all’Udeur. E in questa ottica ha provveduto a nominare i responsabili politici del partito di Menfi e San Giovanni Gemini, rispettivamente il Dottore Nino Palmieri e il Dottore Giuseppe Pillitteri. Il dottore Interranti invece è stato nominato componente della Plurima Provinciale, con funzione di Vice Coordinatore.   



Cresce l’allarme in tutto l’agrigentino nel versante delle intimidazioni. La cadenza quotidiana con la quale si susseguono le minacce in diversi centri non ha risparmiato neanche la massima carica provinciale, ossia il Presidente Vincenzo Fontana. Il proiettile, accompagnato da un biglietto del quale, per ovvie ragioni di sicurezza, non si conosce ancora il testo, e rinvenuto davanti all’ingresso della residenza di San Leone dell’esponente di Forza Italia, ha scosso gli ambienti politici della città dei Templi, appesantendo l’alone di inquietudine che da alcuni settimane serpeggia, come dicevamo, su tutta la provincia. Come si ricorderà, infatti, una settimana fa era toccato al giudice Vincenzo Agate, in servizio presso il Tribunale di Sciacca, diventare il bersaglio di un’intimidazione attraverso il recapito di una busta contenente anch’essa munizioni. E proprio per fronteggiare quest’ondata di atti intimidatori, si è riunito ieri sera il comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica con all’ordine del giorno il rafforzamento proprio delle misure di sicurezza nei confronti delle personalità a rischio.



Da Agrigento a Licata, come detto, la musica non cambia, visto che un incendio di chiara matrice dolosa ha distrutto ieri la villetta a mare di una vedova 69enne, Agata Melluso. Le fiamme, appositamente appiccate, come testimonia la bottiglia di liquido infiammabile rinvenuta davanti all’abitazione, hanno provocato ingenti danni all’interno del fabbricato, distruggendo quanto presente e interessando anche pareti e soffitti. Se però non ci sono dubbi sull’origine dolosa, lo stesso non può dirsi sulle ragioni che abbiano potuto spingere gli autori del rogo a compiere il gesto intimidatorio. La proprietaria dell’immobile, infatti, non è titolare di alcuna attività essendo pensionata, mentre l’unica figlia, casalinga, è sposata con un dipendente bancario. A rendere ancora più difficili le indagini condotte dagli agenti del commissariato di Licata si aggiungono inoltre le mancate spiegazioni sull’episodio fornite dalla Melluso e dai familiari, i quali, interrogati, hanno dichiarato di non avere subito in passato minacce di alcun tipo.



Intervenire affinché vengano rimossi i sigilli dai pozzi di Santo Stefano Quisquina, sequestrati a seguito della querelle tra il comune montano e la Regione in ordine al loro utilizzo per aumentare la dotazione di acqua in tutta la provincia di Agrigento. E’ quanto chiede l’unità di crisi contro l’emergenza idrica dopo la riunione settimanale svoltasi ieri in Prefettura. Dal dissequestro dei pozzi quisquinesi, infatti, si avrebbero venti litri di acqua al secondo in più al giorno, che non risolverebbero certo la situazione ma quantomeno la allieverebbero, attraverso la conseguente equa distribuzione ai vari comuni. Nel corso della riunione, l’Unità di crisi ha poi ribadito le difficoltà oggettive nelle quali è costretta ad operare, dopo avere perso l’autonomia gestionale a vantaggio del commissario straordinario per l’emergenza idrica in Sicilia.



In programma oggi, davanti al Gup del Tribunale di Agrigento, l’udienza preliminare del processo riguardante l’inchiesta sul presunto scandalo all’ispettorato provinciale dell’Agricoltura che all’inizio dell’anno portò all’emissione di dieci provvedimenti restrittivi nei confronti di altrettanti soggetti. Quest’ultimi, imprenditori agricoli o funzionari dell’ispettorato, originari di diversi centri della provincia, sono accusati a vario titolo di abuso in atti d’ufficio, falso ideologico, soppressione e occultamento di documenti, truffa aggravata e atti illeciti nella gestione di alcune pratiche. Dopo la relativa richiesta inoltrata dal sostituto procuratore della Repubblica del capoluogo, Ludovica Giugni, sarà, come dicevamo, il giudice per le udienze preliminari a decidere il rinvio a giudizio o meno degli indagati.



A quindici mesi dall’operazione “Fortezza”, che portò in carcere 13 persone, quasi tutte di Porto Empedocle, con l’accusa di associazione a delinquere di stampo mafioso ed estorsione, comincia nell’aula bunker del carcere Petrusa l’omonimo processo nei confronti di 9 dei soggetti imputati che hanno chiesto la celebrazione del dibattimento con il rito ordinario. L’inchiesta, che prese le mosse dalla volontà degli inquirenti di far luce sul racket delle estorsioni a Porto Empedocle, consentì inoltre di scoprire una presunta compravendita di voti intercorsa tra il clan mafioso e il radiologo agrigentino Alfonso Lo Zito, in occasione delle elezioni politiche del 2001 in cui lo stesso Lo Zito era candidato al collegio camerale della città dei Templi. Quest’ultimo, per il reato suddetto, entrerà in scena domani nell’udienza preliminare riferita alla sua posizione, così come gli altri 3 rinviati a giudizio, per i quali il processo sarà celebrato con il rito abbreviato.



Quando qualche anno fa iniziarono i lavori per il suo recupero si pensò che ce ne sarebbe voluto di tempo per riaprirlo al pubblico, ai visitatori, a una città che lo aveva guardato per troppo tempo con rassegnazione fino a quasi provarne indifferenza. Poi le operazioni di restauro proseguirono con speditezza e una volta terminate, il Castello chiaramontano si presentò sotto una nuova veste, non più quella della scellerata incuranza, bensì l’altra, imponente e suggestiva, che l’ha accompagnata dal XIII° secolo in poi, da quando, cioè, Federico Chiaramonte, folgorato dal paesaggio circostante, la scelse come sua dimora di caccia. Oggi, finalmente, l’antico maniero può essere fruito e goduto ed è qui che subentra l’aspetto più importante per il suo futuro, vale a dire la sua gestione complessiva. Considerare il Castello Chiaramontano alla stregua di un comune bene architettonico ricadente all’interno di un centro storico di una città di 33.000 abitanti, significa non comprenderne appieno la valenza storica ma anche e soprattutto le prospettive culturali, turistiche ed economiche che nell’orbita dello stesso possono essere determinate. Al riguardo, un dato emerge su tutti: il Castello chiaramontano non è mai stato inaugurato ufficialmente, vale a dire con le adeguate cerimonie che l’importanza del bene e del suo recupero avrebbe invece richiesto. Non si è ancora deciso, inoltre, che utilizzo preciso farne e di quali contenuti riempirne i preziosi spazi. Non si è ancora ipotizzato, poi, se affidarne, attraverso apposite ed oculate convenzioni, la cura a società operanti nel settore oppure lasciare in toto al Comune l’importante e strategica prerogativa. Fin qui, il maniero, apprezzabilmente, è stato aperto a diverse iniziative culturali di ispirazione locale e ciò è senza dubbio un buon viatico per il risveglio definitivo della città, ma non può certamente bastare, sarebbe oltremodo riduttivo. Non si può prescindere infatti dal proiettare il Castello chiaramontano di Favara nel contesto dei grandi circuiti turistici culturali; non si può non legarlo all’offerta di pacchetti che interessano la vicinissima Valle dei Templi; non si può non valorizzare in misura congrua tale ricchezza. Per far questo occorre però coinvolgere i canali del turismo, i tour operator, il mondo della cultura, attraendoli non solo con la visita fine a se stessa ma pure con l’offerta di momenti di un certo richiamo, con un palinsesto di eventi che copra l’intero arco dell’anno. Occorre, in poche parole, veicolare il maniero di Favara al di fuori dell’ambito prettamente locale, promuovendolo come bene di interesse nazionale e internazionale. La complessità delle competenze, degli agganci e delle problematiche insite in questo progetto implica però un coinvolgimento istituzionale che partendo dall’ente comune abbracci le forze vive di tutta la città. Crediamo infatti che i tempi siano ormai maturi per preparare il salto di qualità e il nostro, come sempre, vuole essere un semplice e doveroso input in tale direzione.


 

 Fine di questa edizione di SICILIA TV NOTIZIARIO

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